23 Apr CORONAVIRUS – RIFLESSIONI E FUTURO
Riportiamo alcuni interessanti articoli dal sito edilportale e ingnegnoweb che analizzano la situazione attuale ai tempi del Coronavirus per quanto concerne la nostra professione, e ciò che possiamo imparare da questo per iniziare a delineare le nuove linee giuda per un futuro che non è poi così troppo lontano.
La situazione attuale, non solo cambierà la nostra attività di progettisti, ma modificherà anche il futuro non solo della nostra professione, ma anche degli spazi in cui vivremo. E non parliamo di abitazione, ma di spazi destinati alla collettività, partendo dagli uffici, dai nostri uffici.
La soluzione dello smart working non potrà essere il futuro della nostra professione, fatta non solo di computer e disegni, ma soprattutto di confronti, di pensieri, e di empatia con i clienti.
Ed è altrettanto chiaro che ogni realtà avrà le proprie esigenze in quanto non è possibile comparare il piccolo studio professionale privato ad una grande realtà. Non solo cambiano le prospettive, gli spazi e i clienti , ma soprattutto cambiano i rapporti tra il professionista e il cliente finale.
Riportiamo un’intervista di Franco Guidi, Ceo di Lombardini22, un’importante realtà nel mondo della progettazione, tratta dal sito
https://www.ingenio-web.it/26278-meno-spazi-in-condivisione-piu-smart-working-ecco-come-cambia-lufficio-dopo-il-coronavirus
“Spazi lavorativi e uffici: cosa cambierà dopo il coronavirus?
L’emergenza ha dato una grossa spinta al lavoro agile, per tante persone è cambiato il modo di lavorare, cambieranno anche “gli spazi lavorativi” nel prossimo futuro?
«Pensiamo che alla fine di questa turbolenza ci sarà un’accelerazione al cambiamento: già c’era una fortissima attenzione alla sostenibilità e questa tendenza si rafforzerà. Poi cambieranno i modi di lavorare: una riflessione ricorrente riguarda il lavoro smart che viene utilizzato da molte aziende all’avanguardia e che l’emergenza di questi giorni ha accelerato. Le imprese che erano più in ritardo sono state costrette a metterlo in campo in maniera improvvisata e si è badato più all’aspetto delle connessioni e meno all’aspetto del change managment. A esempio, a come le persone devono lavorare e come deve essere cambiata l’organizzazione del lavoro, perché un conto è gestire le persone vedendole e un conto è farlo con il personale a casa. Servono skill differenti da parte di chi coordina».
Si può già pensare a uffici intelligenti per lo smart working?
«Sicuramente gli uffici cambieranno perché oggi ci sono sempre meno spazi dedicati alle persone e sempre più spazi di lavoro condiviso per il team con un menù di postazioni ricco. Oggi si aggiunge la postazione da casa. Il co-working, idea vincente del passato, forse va ripensato perché il controllo del proprio spazio dopo questa emergenza diventerà molto più importante: sono riflessioni che facciamo all’interno di Lombardini22 con Degw, che è la nostra divisione che si occupa di workplace e, da sempre, va alla ricerca delle nuove modalità di lavoro consentite dalla tecnologia. Oggi per noi è un grande esperimento, su una scala che non si era mai vista prima. Gli orari rigidi erano concetti del secolo scorso, legati alla fabbrica, al lavoro insieme. Gli schemi che ci siamo dati da soli, in realtà, possono essere cambiati velocemente” ».
Come accennato a inizio articolo, al modificare della realtà può modificare l’esigenza. Se gli studi grandi prospettano un lavoro futuro in rete e in smart working, lo stesso non lo si può dire delle piccole realtà come le nostre in cui la necessità di vivere uno studio e creare relazioni è forze lapricipale forza motrice.
Questo articolo tratto da edilportale pone alcuni interrogativi interessanti.
“Come gestiremo, nel dopo-emergenza, i luoghi dell’abitare, gli spazi pubblici, le dinamiche urbane? Come verrà fatta ripartire l’economia, riattivati i cantieri, trasferita una indispensabile spinta propulsiva al mondo delle costruzioni?
E ancora, come vediamo il futuro delle nostre città, dei territori, muovendo dall’insegnamento della pandemia? Serve una capacità di progetto. Dunque, c’è bisogno di architettura e di architetti. Eppure, tutto questo pare non essere sufficientemente percepito dai principali attori politici e dai decisori del nostro Paese”.
Sono le domande che il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (CNAPPC) si pone e, soprattutto, pone ai decisori politici in questa fase cruciale per l’Italia.
“È quantomeno singolare – prosegue il CNAPPC – che gli architetti non vengano coinvolti in una fase drammatica della vita del Paese in cui si riflette sulla ricostruzione di un modo di vivere diverso, in cui la dimensione spaziale della nostra esistenza assume un ruolo prioritario, finanche di sopravvivenza. È inaccettabile che gli architetti non abbiamo un ruolo riconosciuto nella delineazione del disegno strategico di quel che è prioritario, giusto e utile fare per il nostro Paese: perché la crisi, la pandemia, la paura si traducano in una possibilità e non rimangano nel nostro tessuto sociale solo come una ferita. Un trauma senza risposta”.
Dopo anni dominati da una incombente idea di “presente” la vera svolta sarà investire nel futuro, negli scenari e dare risposte sulla casa, sul quartiere, sul nuovo digitale, sulla mobilità, sull’educazione, sulla sanità (una reale utopia?). Su questo tema, il Comitato Scientifico* che prima dell’emergenza stava lavorando con CNAPPC al percorso sulla città del futuro, lo scorso 7 aprile ha elaborato alcune linee di riflessione che si tradurranno nel lancio di una piattaforma digitale di partecipazione, condivisione e proposta per l’intera comunità degli architetti. La piattaforma sarà un luogo di scambio e permetterà la raccolta di suggestioni, proposte e contributi che verranno veicolati ai decision makers del nostro paese come contributo degli architetti al Progetto di Futuro per il nostro Paese. “Abbiamo pensato a una piattaforma perché crediamo nel senso di comunità, nella forza della voce collettiva che condensa, dà spazio e rilievo ai pensieri dei singoli nel mondo dell’architettura”.
Il CNAPPC sta elaborando con RPT raccomandazioni per l’indispensabile cambio di paradigma e per l’integrale rivisitazione della legislazione di settore attualmente vigente, evidenziando gli snodi di effettiva innovazione e drastica semplificazione dei principi della legislazione urbanistica, del codice appalti, e del testo unico dell’edilizia.
“Sono tre approcci diversi e imprescindibili – spiega il CNAPPC – perché i progetti possano tradursi in luoghi e opportunità per la nostra società. Da troppi anni l’assenza di visione si traduce in una azione politica ridotta a gestione, limitata alla ricerca di soluzioni immediate ai problemi contingenti”.
Secondo gli Architetti, “per riemergere da questo declino è necessario sviluppare un progetto di futuro: la qualità dell’ambiente costruito in cui abitiamo è una parte fondamentale della qualità della nostra vita e uno dei fattori determinanti la soluzione ai problemi ambientali (e mai come in questo periodo di segregazione forzata ce ne rendiamo conto).
Serve dunque un cambio di paradigma per ricostruire su nuove basi, con le persone al centro del progetto, e con una visione strategica almeno trentennale, la relazione tra economia e società. Il COVID-19, oltre ad averci fatto piombare in una profonda crisi sanitaria ed economica, può rappresentare una gigantesca opportunità verso il cambiamento, con interventi radicali, in una partita tutta da giocare, senza avere paura di giocarla”.
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