18 Ott DAVID CHIPPERFIELD A VICENZA – MOSTRA ALLA BASILICA PALLADIANA E VISITA ALLA CAVEA ARCARI
Si è appena conclusa la mostra di David Chipperfield a Vicenza all’interno degli spazi della Basilica Palladiana. Una mostra originale dell’architetto britannico, focalizzata non sulla sua carriera, ma sui suoi progetti in corso, differenziati per metodologia di realizzazione a seconda dello studio di provenienza. Londra, Berlino, Milano e Shanghai.
Una mostra visitata e apprezzata da open-A nel suo ultimo week-end che non può non lasciare traccia nell’animo di un architetto.
Perché Chipperfield ha un modus operandi unico nel suo genere. Sir David non è infatti un architetto qualunque della galassia delle archistar internazionali. Sir David, forse, non ti lascia a bocca aperta ammirando le sue opere. Sir David, forse, non realizza edifici che alla vista colpiscono gli occhi di chi le guarda. Sir David fa invece sicuramente pensare. Sir David non è solo da capire, ma da digerire. Sir David ha un processo di elaborazione dell’opera da ammirare e da seguire in tutti i suoi aspetti. E se non si entra all’interno di questo processo, non si comprende a fondo l’architettura di Chipperfield.
http://www.arte.it/calendario-arte/vicenza/mostra-david-chipperfield-architects-works-2018-51391
Questo il comunicato stampa dell’archistar britannica alla presentazione della mostra alla Basilica Palladiana: “Non uno sguardo monografico su David Chipperfield, ma la rappresentazione di come lavoriamo, mettendo in mostra i progetti in corso o appena finiti”.
“L’architettura è della popolazione, non dell’architetto…” ricorda spesso Sir David, proprio a sottolineare il rapporto delle sue opere non tanto con la città e chi la costruisce, ma con chi le abita e le vive.
Questa è sicuramente la chiave di lettura di questa mostra. Non una carrellata biografica dell’architetto che avrebbe avuto necessità di 10 basiliche palladiane per esporre tutte le sue opere. Ma un focus, sulla sua architettura ultima (dell’ultimo periodo), direttamente a contatto con chi la pensa (lui), con chi la realizza (studio) e con chi la vive (visitatori).
E passeggiando tra le quinte di questa mostra, già di per se rispettosa del luogo di installazione, elevandosi pertanto di qualche cm. dal pavimento come a volersi inchinare davanti alla maestosità della basilica palladiana, ci si accorge e si respira il modus operandi di questo architetto che non è solo da copertina ma decisamente più profondo e calibrato in ogni suo dettaglio.
Chipperfield non lascia nulla al caso. Tutto è curato nei minimi dettagli. Lo schizzo iniziale della sua architettura, non è meno importante del suo progetto grafico, e non meno della sua realizzazione. Tutto è controllato e seguito al dettaglio. Anche le guide della mostra sono persone selezionate e formate dall’archistar, perché non è solo importante ciò che il visitatore ammira nella mostra, ma anche quello che sente durante l’esposizione e come gli viene spiegato.
La rappresentazione delle sue opere, raggiunge un livello unico di perfezione. Chipperfield cura in maniera unica il disegno delle sue opere. Non sono semplici tavole grafiche, ma opere d’arte. Anche il disegno in questo senso non va solo visto e ammirato. Ma compreso, capito e digerito. La rappresentazione grafica è profonda, sia negli stili sia nella composizione. Questa è la vera arte di Chipperfield. Questo il significato che si cerca di far passare e capire in questa mostra. La profondità della sua architettura. Dal concepimento alla sua realizzazione. E come questa profondità cambi a seconda di chi siano gli attori in campo. Londra, Berlino, Milano o Shanghai. Ecco spiegato il perchè “L’architettura è della popolazione, e non dell’architetto…” . In tutto questo, il tratto delle sua architettura è maggiormente visibile quando Chipperfield interviene sull’esistente. La differenza, se comparata con il nuovo è ben chiara. La finezza del suo pensiero si rivela chiara e limpida quando cerca un dialogo con l’esistente.
Il secondo step della giornata è stato un approfondimento su quanto visto in mostra. Il modus operandi di Chipperfield calato nella realtà e nell’esistente. Pertanto la visita si è spostata alla Cavea Arcari. Luogo in cui, a seguito della trasformazione umana dovuta all’estrazione della pietra, l’archistar è stato chiamato per dare un ultimo tocco. Non era facile intervenire in questo contesto. L’esistente era già talmente chiaro, definito e di straordinaria bellezza, che bisognava entrare con una nuova architettura in punta di piedi. L’esistente, seppur di straordinaria bellezza, non bastava. Mancava un legame con gli utilizzatori. E in questo contesto si è materializzata la mano del maestro. Un podio. Una semplice scalinata in pietra. Un fulcro che evidenzia l’intorno. Una geometria chiara che parla alla cava, ma la rispetta. Una forma definita che entra in contatto con l’esistente. Una finezza architettonica che non vuole essere protagonista di un luogo in cui è già ben presente l’attore principale. Ma un segno chiaro e ben distinto, senza il quale il luogo non sarebbe lo stesso. Con la maestria di Mario Nanni e dell’illuminazione di Viabizzuno, la poesia del questo luogo trova infine un suo perfetto compimento.
Non sappiamo quanto altri architetti, avrebbero deciso di stare in secondo piano in un contesto del genere. Chipperfield ce l’ha fatta. Banalizzando, avrebbe ricevuto sicuramente il premio Oscar al miglior attore non protagonista.
Sorry, the comment form is closed at this time.