18 Feb Palazzo Diamanti Ferrara, progetto bloccato – l’utilità dei concorso di architettura – Riflessione studio open-A Forlì
Palazzo Diamanti Ferrara, progetto bloccato – l’utilità dei concorso di architettura -riflessione studio open-A forlì
Andiamo con ordine e ripercorriamo quanto successo a Ferrara, per quanto concerne la realizzazione del collegamento delle ali del Palazzo Diamanti.
Nel Novembre 2017, il team composto da 3TI progetti, dallo studio Labics di Maria Claudia Clemente e Francesco Isidori, dall’architetto Elisabetta Fabbri e dalla società Vitruvio fondata da Antonietta Groia e da Luigi e Giovanni Di Vito, si aggiudica il concorso internazionale di progettazione bandito lo scorso febbraio dal Comune di Ferrara per selezionare la migliore proposta per l’ampliamento degli spazi espositivi del Palazzo dei Diamanti, capolavoro di Biagio Rossetti, dove hanno sede la Galleria d’arte moderna (Gam) e la Pinacoteca nazionale.
Nel 2019, il ministro Bonisoli, su pressioni del deputato Sgarbi, blocca (o fa bloccare dalla soprintendenza) il progetto vincitore gettando nel pattume 2 (e forse più) anni di lavoro.
Ecco lo stato dei concorsi italiani di architettura. In balia di politici (e non architetti) che a loro piacimento decidono le sorti dell’architettura italiana e non solo.
Torniamo comunque al ragionamento iniziale e approfondiamo le questioni con l’aiuto di vari articoli sull’argomento.
Come da articolo pubblicato su www.professionearchitetto.it a firma Mariagrazia Barletta , sono Settanta i progetti ricevuti, dieci quelli selezionati per partecipare alla seconda fase, valutati dalla commissione presieduta da Maria Luisa Pacelli, dirigente del servizio Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea del Comune di Ferrara, e di cui erano membri, in qualità di esperti, Giorgio Cozzolino, soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini e Alfonso Femia, ex socio dello studio 5+1AA e fondatore di Atelier(s) Alfonso Femia AF517.
Tra i progetti pervenuti risulta vincitore il team composto da 3TI progetti, dallo studio Labics di Maria Claudia Clemente e Francesco Isidori, dall’architetto Elisabetta Fabbri e dalla società Vitruvio fondata da Antonietta Groia e da Luigi e Giovanni Di Vito.
Il progetto
Per ampliare gli spazi espositivi dello storico edificio rinascimentale i vincitori hanno immaginato la realizzazione di un padiglione all’interno del giardino retrostante al palazzo. «La nuova addizione, di fatto, fonda la propria matrice formale sulla stessa logica geometrica che struttura il Palazzo progettato da Biagio Rossetti, una scelta che consente al nuovo intervento – differente per linguaggio e materia – di entrare nella logica evolutiva del manufatto esistente», scrivono i progettisti, che continuano: «L’adozione di un’unica e rigorosa matrice geometrica che governa tutte le misure, da quelle principali fino al ritmo dei pilastri, non solo consente di trovare la misura corretta per ogni parte, ma rivela anche la volontà di concepire la nuova addizione come elemento di relazione e non come oggetto autonomo».
Dunque la geometria del nuovo scaturisce dalla logica che governa l’antico. E ciò è evidente anche nella alternanza di pieni e vuoti, che anche la nuova addizione realizza. Il nuovo edificio, infatti, si distacca dal muro che chiude il cortile cinquecentesco generando a sua volta un ulteriore cortile. L’alternanza di pieni e vuoti, tipica del palazzo rinascimentale, viene riproposta ma con l’aggiunta di un nuovo elemento: l’acqua. A caratterizzare il vuoto che si crea tra la preesistenza e l’addizione è uno specchio d’acqua che – spiegano i progettisti – «attribuisce allo spazio vuoto un carattere sospeso».
Il nuovo edificio, che si estende su 660 metri quadri, è ridotto all’essenziale, caratterizzato da pilastri che sorreggono una copertura piana orizzontale. Le tamponature verticali sono formate quasi interamente da vetrate che possono essere opportunamente oscurate con un sistema di tendaggi.
L’edificio comprende un ampio spazio espositivo che può essere riconfigurato a seconda delle esigenze, diventando, all’occorrenza, una sala per conferenze, uno spazio eventi o per workshop.
Il bando prevedeva l’affidamento ai vincitori di tutte le fasi progettuali, della direzione dei lavori e del coordinamento per la sicurezza. Per la realizzazione dell’ampliamento di Palazzo dei Diamanti è previsto un investimento di 3,5 milioni di euro finanziati con i Fondi del Ducato statali. Già scanditi anche i tempi: si dovrebbe arrivare al definitivo nel corso del 2018; mentre per i lavori – che si stima dureranno circa due anni – l’avvio era atteso per giugno 2019.
Era? Esattamente, l’avvio dei lavori doveva avvenire a breve, e nulla faceva presagire a quanto successo.
Siamo in Italia, e come per magia, tutto è stato bloccato. Come mai? Lo spiega bene un articolo apparso su www.artribune.com a cura di Valentina Silvestrini e Massimiliano Tonelli.
Ostilità? Diffidenza? Generica indignazione? Permanente incapacità di misurarsi con lo choc del nuovo? Preventiva, ma inflessibile contrarietà? Scegliete voi la definizione più efficace o appropriata per identificare le ricorrenti “difficoltà” incontrate dall’architettura contemporanea nelle città italiane. Un processo che nel suo ripetersi in maniera pressoché costante, con particolare riguardo per i centri storici, limita – e, talvolta, impedisce – i tentativi di “traduzione” della stessa nello spazio fisico oppure ne svilisce le potenzialità espressive e funzionali. L’ennesimo episodio legato al “turbolento rapporto” tra l’esistente e il possibile, tra le eredità del passato e gli eventuali lasciati della generazione attuale a quelle successive arriva dall’Emilia Romagna. “A Ferrara, città del Rinascimento, patrimonio mondiale dell’UNESCO, Palazzo dei Diamanti, il più importante edificio della Addizione Erculea, sta per essere aggredito, nella sua perfezione, da un progetto di «ampliamento» del costo di 3,5 milioni di euro, su cui si è già espressa negativamente «Italia Nostra».” Inizia così la petizione lanciata dalla Fondazione Cavallini Sgarbi il cui obiettivo è “impedire lo scempio”, ovvero l’effettiva realizzazione dell’intervento con cui il raggruppamento vincitore si è aggiudicato il concorso internazionale indetto dal Comune di Ferrara, avendo la meglio su 70 studi partecipanti.
Per la Fondazione Cavallini Sgarbi, che attraverso la sua azione chiama in causa direttamente il Ministro dei beni culturali, invitandolo a sottoscrivere l’appello, si tratta infatti di un intervento che “soffoca il rapporto dell’edificio con lo spazio aperto della città. E assume lo stesso assurdo significato che avrebbe aggiungere un canto alla Divina Commedia o all’ Orlando Furioso. La seguente raccolta di firme non è contro nessuno, ma per difendere l’integrità, minacciata da una visione utilitaristica, di un monumento che appartiene alla umanità. Ciò che vale per Dante e per Ariosto vale per Biagio Rossetti.” La petizione non scende nel dettaglio delle soluzioni architettoniche proposte dal gruppo vincitore; non si focalizza in maniera esplicita su uno specifico aspetto, riconoscendolo come “l’anello debole” artefice del cosiddetto “scempio” ai danni della storica architettura, opera di Biagio Rossetti. È, piuttosto, la difesa dell’integrità dell’edificio ad acquisire piena centralità nella petizione, tra i cui firmatari compaiono giornalisti, saggisti, critici, archeologi, storici dell’arte, attori, cantanti, imprenditori, sindaci – tra gli altri, Brugnano e incredibilmente Orlando e Nardella–, l’ex Ministro dei beni e delle attività culturali Massimo Bray e – davvero sorprendentemente! – anche gli architetti Paolo Portoghesi, Pier Luigi Cerri, Pierluigi Cervellati, Mario Botta e Mario Bellini oltre che fior di storici, curatori e critici d’arte alcuni dei quali, interpellati da Artribune, sono caduti totalmente dalle nuvole.
Ma ammesso e non concesso che tutte le firme siano reali ed autentiche, è abbastanza evidente che nessuno si è documentato davvero, nessuno ha approfondito il progetto (un padiglione leggero, in vetro, ben impostato, utilissimo) nessuno ha considerato che l’opera ha vinto un regolare concorso è stata regolarmente raccontata alla cittadinanza ormai da mesi, nessuno ha considerato che gli architetti vincitori fanno parte di uno studio di tutto rispetto e che si interverrà non sul Palazzo dei Diamanti ma in un’area subito adiacente fino ad oggi caratterizzata da degrado (contro il degrado le petizioni non partono, quando si tratta di affrontare i problemi invece si svegliano tutti).
“Oggi ribadiamo la volontà dell’Amministrazione comunale di rendere due contenitori culturali fondamentali per la nostra città più belli e fruibili”, aveva affermato il sindaco di Ferrara, Tiziano Tagliani, in occasione della conferenza stampa, nel corso della quale aveva presentato i progetti vincitori dei bandi relativi al restauro e ampliamento di Palazzo dei Diamanti e Palazzo Massari. Si trattava infatti di due distinte competizioni, promosse nell’ottica di fornire alla città un polo museale in linea con le esigenze della fruizione moderna. Il complesso formato da Palazzo Massaro e dalla Palazzina Cavalieri di Malta, già in attesa di restauro, era stato reso inagibile dal sisma del 2012; alla selezione per la sua riqualificazione architettonica – in procedura negoziata ristretta europea in due fasi – avevano partecipato 39 studi di profilo internazionale: a vincere era stato il team guidato da ADBR Architetti Associati. “Occorre una certa dose di coraggio per portare avanti una sfida che ci vede impegnati in un confronto aperto sui temi dell’utilizzo degli spazi dove poter sviluppare nuove idee culturali a beneficio dei cittadini ferraresi e non solo. Su questi contenitori ci giochiamo la capacità di crescere e queste sfide riguarderanno anche altri spazi cittadini che ad oggi non sono pienamente fruibili o sono vuoti, come il Castello Estense o Palazzo Prosperi Sacrati”, proseguiva all’epoca il sindaco, riconoscendo come “dopo il terremoto abbiamo trovato nuovo slancio e nuove risorse per andare avanti nella nostra progettazione di una città culturale nuova”. L’investimento annunciato per Palazzo dei Diamanti, in particolare, è pari a 3.5 milioni di euro, finanziati con i Fondi del Ducato statali; per giugno 2019 era originariamente previsto l’avvio dei lavori, della durata di due anni circa. Insomma stiamo parlando di due importanti concorsi internazionali che hanno coinvolto decine di studi in Italia e all’estero per dare funzioni nuove e moderne a due antichi musei. Con l’obbiettivo di rilanciare culturalmente una città d’arte come Ferrara. Con finanziamenti trovati con fatica. Con capacità organizzativa fuori dal comune per una città di medie dimensioni.
E invece no, tutto è stato bloccato. Magicamente bloccato. Vanificando tutto quello che in 2 anni è stato fatto per offrire alla città e all’architettura contemporanea un altro segno della validità dei concorsi di architettura e evidenziando che la politica, alla fine ha sempre ragione.
Per approfondimenti
https://www.ilrestodelcarlino.it/ferrara/cronaca/palazzo-diamanti-1.4408631
http://www.telestense.it/giu-le-mani-palazzo-dei-diamanti-dalle-mostre-ferrara-arte-20190124.html
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