CLASSIS RAVENNA,L’ESEMPIO DELLA RIQUALIFICAZIONE ARCHITETTONICA E DEL RAPPORTO NUOVO E ANTICO – OPEN-A FORLI’

CLASSIS RAVENNA,L’ESEMPIO DELLA RIQUALIFICAZIONE ARCHITETTONICA E DEL RAPPORTO NUOVO E ANTICO – OPEN-A FORLI’

CLASSIS RAVENNA,L’ESEMPIO DELLA RIQUALIFICAZIONE ARCHITETTONICA E DEL RAPPORTO NUOVO E ANTICO – OPEN-A FORLI’

La visita di open-A Forlì a “CLASSIS” Ravenna, è stata l’occasione della riapertura di un dibattito ormai aperto sulla riqualificazione degli spazi  abbandonati nelle città Italiane, dal dopoguerra ad oggi. Frutto del naturale evolversi della società, inevitabilmente le necessità di inizio ‘900 non trovano più ragion d’essere nella struttura sociale odierna. Tali cambiamenti sono ben presenti anche nell’architettura, in quanto ad oggi, disponiamo di una miriade di edifici “abbandonati” a loro stessi, i cui nuovi proprietari, l’incuria e l’abbandono sono ben presenti e visibili.

Tali spazi principalmente industriali, sorsero nel ‘900 in tutta la penisola. Erano tra i più sviluppati centri lavorativi italiani e davano occupazione ad una moltitudine di famiglie.

Oggi la società è cambiata. L’industria è cambiata. Possiamo affermare che il 90% di tali spazi, un tempo motore della società, soccombono all’incuria e all’abbandono e ci troviamo a dover gestire (o non gestire) un patrimonio architettonico indiscutibilmente unico.

La domanda che sorge spontanea non può non essere: “cosa ne facciamo?”

Riqualifichiamo o abbattiamo ? Casermoni di migliaia di mq. coperti, testimonianza della società che fu,  affollano le periferie delle nostre città. Rovi e sterpaglie affollano tali architetture dismesse. Spesso e volentieri la strada più breve sarebbe la demolizione totale di tali strutture.

Ma non sempre tale soluzione, è la migliore.

L’ultimo di una serie di riqualificazione interessanti è CLASSIS a Ravenna. Riconversione dell’ex. zuccherificio Eridania a spazio museale.

Come leggibile nell’articolo di Andrea Ugolini per il giornale dell’architettura, ( http://ilgiornaledellarchitettura.com/web/2018/12/05/classis-ravenna-larcheologia-nellex-zuccherificio/ ) la vera sfida di tale riqualificazione è nella duplice strada di concepire l’edificio esistente come “pelle”, con tutte le attenzioni necessarie al suo restauro, e alla progettazione “ex. novo” degli spazi interni, andando a sostituire la vecchia macchina di produzione della barbabietola in ferro e ghisa con una nuova in acciaio e cemento.

A questo punto sorge il problema che attanaglia inesorabilmente tali interventi sull’esistente, e cioè il rapporto di queste due fasi progettuali. Esse debbono essere inevitabilmente concepite come unica progettazione. L’intervento all’interno di “scrigni” esistenti non può esimersi dalla ricerca di un rapporto con l’architettura originaria. Un legame va sempre trovato e ricercato. La finezza o l’irruenza di un progettista è visibile in tali tratti.

Come trattiamo i segni del tempo? Li copriamo? Li valorizziamo?

Citando parte dell’articolo di cui sopra, “ La scatola muraria esistente, come racconta l’architetto Franco Stringa, già dirigente presso gli uffici tecnici comunali (edilizia e pianificazione), all’epoca venne interpretata come una “pelle” costruita a protezione di un’oramai inutile “macchina in ferro e ghisa per la lavorazione della barbabietola”. Una “macchina” sostituita a sua volta da una nuova in acciaio e cemento che, oltre ad assolvere alla nuova funzione, concorreva alla stabilità di murature, comunque di discreto spessore. I segni del lavoro, del tempo e dell’abbandono furono cancellati dal nitore dei nuovi intonaci e delle nuove coloriture su cui oggi spiccano le scure strutture del nuovo. La suggestione di superfici non finite o la presenza di macchinari antichi, che in altri coevi progetti di riconversione di edifici industriali sono divenuti occasione di arricchimento di significati di ciò che veniva aggiunto, qui furono negati a fronte di una più facile e rassicurante sostituzione di pelle e struttura. All’esterno, dove un tempo sorgeva la ciminiera vennero edificati nuovi corpi di fabbrica in laterizio, ad imitazione di quelli ottocenteschi e realizzata una gradonata di accesso al museo, segnata da un’onda azzurra di mosaico.”

Non vogliamo giudicare  tale intervento, ma ne prendiamo spunto e inevitabilmente lo compariamo ad altre tipologie di riconversione avvenute in Italia affinchè ognuno tragga le proprie conclusioni.

Ci viene in mente subito l’opera di Albini a metà secolo. La riqualificazione del museo degli Eremitani a Padova o di Sant’Agostino a Genova. Opere differenti certamente, ma dove il rapporto esistente e nuovo viene on solo enfatizzato, ma celebrato. Albini non nasconde affatto il suo tratto, fatto di acciaio nero e vetro. Ma lo lega indissolubilmente all’esistente valorizzandolo.

http://www.archeoveneto.it/portale/wp-content/filemaker/stampa_scheda_estesa.php?recid=36

http://www.museidigenova.it/it/complesso-museale-museo-agostino

Oppure l’auditorium Paganini di Renzo Piano a Parma. Contenitore completamente svuotato e riconvertito in sala musicale. Un intervento fine ma deciso al tempo stesso.

http://www.archidiap.com/opera/auditorium-paganini/

Come non citare Carlo Scarpa in un articolo di riqualificazione di spazi esistenti. Forse la mano più fine nel campo dell’architettura Italiana razionalista. Il suo intervento al museo di Castelvecchio forse, ristabilisce le “regole” della museografia Italiana, tracciando una rotta decisa e significativa del rapporto tra nuovo e antico.

“Sarà proprio l’ “irregolare” Carlo Scarpa (Venezia 1906-Sendai 1978) a segnare la fine di un modello museografico che, con rare eccezioni, aveva resistito ad ogni sollecitazione di cambiamento, nell’Italia del primo Novecento, e ad indicare una nuova modalità di intervento nel restauro di edifici monumentali.”

https://museodicastelvecchio.comune.verona.it/nqcontent.cfm?a_id=44455&tt=museo

L’architettura Italiana è sicuramente piena di esempi di riqualificazione di spazi antichi, ognuno dei quali trattato in maniera differente. Non c’è una regola precisa di intervento sull’esistente, e naturalmente esistono tante scuole di pensiero, tutte corrette e tutte sbagliate. Un pensiero però non esce dalla nostra mente. Il patrimonio architettonico Italiano è decisamente tra i più notevoli di tutta la storia dell’architettura mondiale. Un occhio di riguardo e una delicatezza di intervento sull’esistente non può di certo essere accantonato o ignorato.

https://open-a.it/portfolio_page/manutenzione-straordinaria-interna-in-dovadola/

 

 

 

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